Le scuole italiane si spopolano:
studenti in calo per la prima volta anche al Nord.
Secondo i calcoli del Miur il prossimo anno saranno 70mila in meno gli alunni che frequenteranno le scuole italiane. Colpa del calo demografico. L’unica regione in controtendenza è l’Emilia Romagna
di SALVO INTRAVAIA
Le aule italiane si spopolano. A settembre, secondo i conteggi del ministero dell’Istruzione, saranno 70mila in meno gli alunni che frequenteranno le scuole italiane. Il calo demografico degli scorsi anni con sempre meno nascite sta facendo sentire i propri effetti sulle iscrizioni. E per la prima volta è segno rosso anche nelle regioni settentrionali, che per lungo tempo hanno tenuto i numeri per l’incremento degli alunni stranieri iscritti. Ma adesso anche bambini e studenti non italiani non crescono più, almeno non ai ritmi degli anni precedenti, e il totale degli alunni sta inesorabilmente diminuendo.
Sono le regioni meridionali a pagare il prezzo più alto di un calo che sembra inarrestabile. Dei 69.256 alunni in meno conteggiati dal Miur, e comunicati ai sindacati qualche giorno fa, oltre 51mila spariranno nelle regioni meridionali. Saranno 15.500 in meno in Campania e 11mila in Puglia. Come se chiudesse i battenti da un anno all’altro una cittadina come Chieti o Pordenone, al Nord. Perché anche, dal prossimo anno scolastico anche Veneto, Lombardia, Piemonte e tutte le regioni del nord dovranno fare i conti alcune migliaia di alunni in meno: oltre 5mila in Veneto e quasi 3.500 in Piemonte. Tutte, tranne l’Emilia-Romagna che dovrebbe incrementare le presenze di 1.500 unità
Per il momento, il decremento in aula non si ripercuoterà sugli organici degli insegnanti. Il ministero dell’Istruzione ha stabilito di mantenere gli stessi posti dell’anno in corso: 617mila escluso il sostegno. Arriveranno anche 2mila posti in più per potenziare il Tempo pieno alle elementari, mille e 500 in più di insegnante tecnico-pratico e 400 posti in più nei licei musicali. Ma saranno 361 in meno le cattedre degli istituti professionali. Con lo stesso numero di cattedre e meno alunni, sarà possibile ridurre il numero delle cosiddette classi-pollaio e, soprattutto al sud, mettere in campo strategie di lotta alla dispersione scolastica, che ci vede ai primi posti in Europa. Ma, quasi certamente, nei prossimi anni il calo delle presenze tra i banchi scolastici del Belpaese si ripercuoterà sulla dotazione delle cattedre. Perché, secondo le proiezioni dell’Istat sulla popolazione residente, tra dieci anni, gli italiani in età scolare saranno 820mila unità in meno.
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