l’insegnamento a distanza

classroom-2093744_960_720
l’insegnamento a distanza

“Cara ministra Azzolina, l’insegnamento a distanza non può sostituire la scuola”

 

La lettera di genitori e insegnanti è partita da Firenze ma sta raccogliendo adesioni in tutta Italia. Le preoccupazioni per le incertezze sulla riapertura e anche per gli effetti delle lezioni online

Questo il testo integrale della lettera di un gruppo di genitori, insegnanti, pediatri, psicologi, operatori della scuola, alla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina.

Egregia Ministra Lucia Azzolina,

siamo un gruppo di genitori, con figli di varie età, scolare e prescolare, e di insegnanti, di educatori e operatori della scuola, di professionisti che hanno deciso di interpellarLa direttamente. La scuola è stata la prima a chiudere per il Covid-19. Ferma dal 22 febbraio in Lombardia e in Emilia Romagna e progressivamente nel resto d’Italia, sembra anche destinata a essere l’ultima a riaprire, senza clamore: come se si trattasse di questione marginale di fronte alla necessità di far ripartire il Paese.

I bambini, tutti i minorenni, e i loro diritti, sono stati ignorati durante tutta la fase emergenziale dalle istituzioni, e presi in considerazioni solo dopo vibranti proteste e mobilitazioni. Mentre il primo ministro Conte comincia a presentare un’ipotesi di riapertura graduale delle attività lavorative e a parlare di “ripartenza”, manca una chiara informazione istituzionale relativa a condizioni, termini e modalità di riapertura delle scuole

Noi genitori e insegnanti siamo costretti a fare affidamento a voci che paventano non solo la riapertura della scuola unicamente a partire da settembre, ma addirittura una riapertura esclusivamente o parzialmente a distanza.

Una ripartenza con genitori che dovrebbero ancora farsi carico dell’accudimento e/o dell’istruzione primaria dei propri figli è impensabile. Non si può, quindi, sottovalutare il problema e non pensare alle enormi conseguenze che questo avrà sui minori e sull’organizzazione delle famiglie.

A oggi riteniamo che un mese e mezzo di chiusura della scuola abbia chiaramente dimostrato:

“impreparazione digitale” di docenti e alunni, mancanza di infrastrutture pubbliche adeguate (banda larga, piattaforme didattiche digitali, ecc.) e di connessioni domestiche, nonché disomogenea distribuzione tra la popolazione dei dispositivi necessari;

inadeguatezza dell’insegnamento a distanza.

Inoltre dobbiamo registrare:

– che il primo risultato della didattica a distanza è confermare e approfondire le distanze sociali economiche e culturali, in evidente contraddizione con la Costituzione italiana (l’art. 3 impegna la repubblica a rimuovere le disuguaglianze);

– che ci sono gravi e incontestabili conseguenze prodotte dal venir meno della scuola come luogo materiale di rapporti umani, tra coetanei e tra adulti e ragazzi;

– che asili nido e scuole dell’infanzia – che non possono ricadere sotto la voce “didattica a distanza” e sono tuttavia servizi essenziali – sono usciti del tutto dalla discussione pubblica.

Nonostante gli ammirevoli sforzi compiuti dalla grande maggioranza delle persone coinvolte – insegnanti, studenti e genitori – la didattica a distanza non può essere considerata altro che una soluzione di pura emergenza, e riteniamo che non sia accettabile prolungarla oltre l’estate, a meno  che non ci siano evidenze scientifiche tali da costringere a tenere chiuse tutte le attività siano esse economiche, sociali, culturali, sportive o scolastiche.

La didattica a distanza non può sostituire la scuola e – per quanto si possano discutere sfumature e specificità – questo vale per tutti gli ordini e gradi di istruzione. Per i gradi della scuola dell’obbligo poi, l’unico risultato certo è lasciare ancora più indietro ampie fasce della popolazione.

Inoltre la didattica a distanza non è idonea in assenza di un sostegno adeguato da parte di un adulto almeno per le fasce di età dei bambini più piccoli e per i bambini con difficoltà di apprendimento.

Infine la scuola dell’infanzia e primaria sono istituzioni educative che strutturano un primo fondamentale momento di relazione sociale continuativa e organizzata fra gli esseri umani.

A questa esperienza formativa di socializzazione, è stata sostituita la solitudine della didattica e dell’apprendimento a distanza: ciò significa privare le nuove generazioni di questo insostituibile patrimonio di educazione alla socialità e alla cittadinanza e può essere tollerata solo come extrema ratio temporanea.

La ripresa da parte dei genitori della propria attività lavorativa impedirà a molti di essi la cura e l’assistenza – anche quella didattica, indispensabile per le prime classi elementari – ai propri figli minori.

In questa prospettiva sorge per le famiglie la preoccupazione di dover far fronte a un vero e proprio abbandono dei figli per gran parte della giornata, tenuto anche conto che moltissime famiglie non potranno più fare affidamento sulla presenza e sull’aiuto dei nonni (fascia di popolazione maggiormente esposta a rischio Covid) e che il costo di una babysitter per tutto il corso della giornata sarebbe per molti insostenibile, nonostante i voucher promessi.

L’estate sarà la prima prova: di fronte alla ripresa delle attività lavorative auspicata da tutti, c’è la concreta possibilità che manchino attività di supporto alle famiglie come i centri estivi. Anche su questo registriamo per il momento la totale assenza di informazioni e indicazioni.

In caso di figli molto piccoli, per chi fosse ancora costretto allo smartworking, neppure la presenza di una babysitter assicurerebbe in ogni caso efficiente ripresa. Inevitabilmente molti genitori – soprattutto madri di bambini non ancora autosufficienti, nei bisogni primari o anche solo nella didattica – saranno indotti a rinunciare al proprio lavoro, o ad accantonarlo, proprio per non far venir meno l’assistenza ai propri figli.

Guardando ai nostri vicini europei, il diritto all’istruzione compare come una priorità dei governi, all’interno di una visione articolata e complessiva per la gestione dell’emergenza, che si sforza di tenere insieme le esigenze di sicurezza sanitaria, di contenimento del contagio, di salute psico-fisica della popolazione, di ripresa delle attività economiche, scolastiche e sociali. Il contrario di quello a cui stiamo assistendo in Italia, alla luce della comunicazione istituzionale e dall’agenda politica sbandierata.

In Danimarca, l’idea del governo è che per riprendere una vita normale, chiedendo ai genitori di tornare a lavorare, è necessario che i bambini e i ragazzi tornino in classe. Il governo di Copenhagen è pronto a innestare la retromarcia nel caso in cui il numero dei contagi, ora basso, dovesse crescere di nuovo.

Dal 20 aprile in Norvegia riaprono asili nido e dal 27 aprile le scuole primarie. In Spagna, la settimana scorsa si è riunita la commissione che si occupa dell’emergenza e l’indicazione data è di provare con aperture scaglionate, diverse da regione a regione a seconda della condizione epidemiologica, a partire da maggio.

In Francia il ministro dell’Istruzione Michel Blanquer ha dichiarato che l’apertura delle scuole sarà progressiva dall’11 maggio seguendo un criterio sociale, aprendo cioè le scuole nelle zone socialmente più difficili.

In Germania l’accademia delle scienze nazionale, l’Accademia Leopoldina, ha raccomandato un graduale allentamento delle restrizioni dal 4 maggio. È notizia di queste ore che verrà data priorità agli studenti che stanno completando il loro ciclo (superiori, medie e anche elementari).

Alla luce di tutto questo, riteniamo sia doveroso da parte Sua adoperarsi, al pari dei suoi colleghi europei, per garantire il diritto all’istruzione iniziando da subito a pensare, a progettare e organizzare la ripresa delle attività scolastiche in presenza (almeno a settembre e anche prima dell’estate, per i più piccoli).

È necessario che fornisca un’informazione tempestiva, chiara e costantemente aggiornata circa il lavoro di programmazione che il governo sta svolgendo sul tema e circa le modalità che dovranno essere assunte per la riapertura di tutte le scuole – dai nidi alle secondarie – , in sicurezza: pensiamo a test sierologici per bambini e ragazzi, a turni ridotti e differiti, all’eliminazione dei momenti di assembramento, a supplenze extra per sostituire il personale più a rischio, all’ottimizzazione nell’uso dello spazio nelle aule in rapporto al numero di studenti, alla regolarizzazione dei docenti precari, all’assunzione di più personale, alla sanificazione degli ambienti, alla conversione a uso scolastico di edifici inutilizzati e di scuole precedentemente chiuse, alla riapertura delle scuole differenziata su base regionale, in relazione alle diverse situazioni sociali ed epidemiologiche.

Sono misure che richiedono un enorme lavoro di organizzazione – che deve tenere conto di una catena di problemi che va dall’uscita di casa e dall’entrata a scuola, fino alla gestione dell’uscita e del rientro a casa intrecciandosi con altre attività e servizi, a cominciare dal trasporto pubblico. Devono perciò essere pensate, programmate e finanziate già da ora.

Se il governo continuerà a rimandare ancora la discussione e la pianificazione sulla scuola, per molti mesi si continuerà a privare del diritto all’istruzione intere generazioni di studenti.

Riteniamo comunque che la gradualità delle aperture, imposta dalle esigenze sanitarie ma anche da quelle di graduazione delle esigenze dei minori e delle famiglie, consentirebbe di pianificare sin dalle prossime settimane – al pari o quasi degli altri paesi europei parimenti colpiti – la riapertura dei servizi educativi almeno alla prima infanzia (l’anno scolastico per asili e scuole dell’infanzia non si chiude il 10 giugno, ma alla fine del mese, protraendosi in certi casi anche in luglio) e (almeno delle prime classi) delle scuole primarie. Per i più piccoli, anche un breve passaggio in aula sarebbe importante.

Sentiamo quindi il bisogno di protestare perché, invece di considerare la scuola come una delle priorità, in una visione organica complessiva dell’emergenza sanitaria in atto, e di attivarsi concretamente per la sua riapertura in sicurezza, così come succede in altri paesi europei e non solo, si continua a ribadire il perdurare dello stato di fatto circa la chiusura della scuola senza offrire ai cittadini informazioni e prospettive chiare.

È compito della politica garantire il diritto alla salute nel saggio bilanciamento di tutti gli altri diritti dei cittadini, fra i quali quello all’istruzione, per primo, non può, e non deve, essere totalmente (e neppure parzialmente) sacrificato.

È per noi inaccettabile che si continui a proporre una visione e soluzioni parziali e settoriali. Non è possibile considerare come unica soluzione quella della didattica a distanza, senza peraltro considerarne adeguatamente le ricadute sulla vita dei minori e delle loro famiglie, e senza considerare le problematiche organizzative e di gestione che questa genera.

Riteniamo tutto ciò gravissimo, tanto più se, guardando agli altri paesi con numeri simili ai nostri in termini di contagi e di decessi, si scopre che per loro la scuola è, insieme ad altre, una delle priorità, tenendo anche conto che sono ormai molti gli studi scientifici che attestano la sproporzione tra i vantaggi di un lockdown prolungato e i danni e i rischi che può produrre sulla popolazione e in particolare su bambini e adolescenti.

In conclusione, ci rivolgiamo a Lei, Ministra Azzolina, affinché si lavori da subito per costruire un piano per la riapertura di asili e scuole che sia adeguato ai bisogni dei bambini e degli adolescenti, che sono tra i soggetti più fragili in questa emergenza sanitaria, e a sostegno delle famiglie e dei genitori.

Chiediamo, inoltre, che il piano di intervento e finanziamento per l’anno scolastico 2020-2021, perdurando il momento dell’emergenza, voglia impedire un danno alla scuola pubblica.

Certi che comprenda questa situazione e la nostra preoccupazione, in attesa di un riscontro.

 

Per tutto l’articolo clicca qui

 

ipad-3765920_960_720
Educazione civica materia obbligatoria dalla materna

Educazione civica materia obbligatoria dalla materna.

Educazione civica materia obbligatoria dalla materna alle superiori: la Lega presenta un progetto di legge.

 

L’ipotesi prevede un insegnamento curricolare da portare all’esame di Terza media. Dalla Buona scuola ai sindaci, tutti i tentativi di trasferire la Costituzione sui banchi

di CORRADO ZUNINO

 

Torna la questione Educazione civica a scuola, ora proposta secondo declinazione leghista. Questa mattina alla Camera i ministri Matteo Salvini (Interno), Marco Bussetti (Istruzione) e Lorenzo Fontana (Famiglia) hanno presentato un Progetto di legge che vuole rendere la materia “obbligatoria in tutte le scuole italiane”. Dall’ingresso alla materna fino all’uscita della Maturità. Segno, da parte della Lega, di una volontà riformatrice profonda, un intervento sulle abitudini culturali di un Paese. Quest’ultimo atto, che prenderà il suo avvio legislativo a gennaio, in Commissione cultura, entra tuttavia in un campo affollato di iniziative pregresse e parallele, di leggi esistenti applicate parzialmente o per nulla.

Il nuovo progetto è a firma del deputato leghista Massimiliano Capitanio e disegna un insegnamento “obbligatorio e curricolare”, dai tre ai diciott’anni. Nelle scuole d’infanzia si prevedono “progetti di Educazione civica” e per la scuola primaria vengono fissate 33 ore annuali con una valutazione sulle conoscenze dal terzo anno delle elementari, quindi certificazioni “soft skills” alla fine del triennio delle medie e del biennio delle superiori. Già oggi, per comprendere l’affollamento sul tema, al termine dell’Esame di Terza media il dirigente scolastico rilascia un giudizio, a proposito della formazione raggiunta, anche sulle “competenze sociali e civiche”. Nel progetto leghista, “condiviso dagli alleati”, l’Educazione civica sarà materia di colloquio in occasione sia dell’esame di Terza che per l’orale della Maturità. Già il prossimo giugno, in verità, all’orale dell’Esame delle superiori si accerteranno “le conoscenze e le competenze maturate nell’ambito delle attività di Cittadinanza e Costituzione”. Una riforma su cui il ministro Bussetti si era autonomamente portato avanti.

Tutto dentro: cyberbullismo, droghe, educazione stradale

La proposta di legge della Lega è larga. Prevede che il Miur elabori un regolamento per orientare l’insegnamento di alcune materie a partire dalla conoscenza della Costituzione, proseguendo con il contrasto a bullismo e cyberbullismo, continuando con l’educazione stradale, l’educazione ambientale, il contrasto alla dipendenza da droghe e alcol. La proposta andrà incardinata con attenzione in commissione Cultura per non rischiare il patchwork onnicomprensivo spesso inefficace. Il disegno leghista prevede lo stanziamento di un milione di euro per premiare le migliori pratiche scolastiche in occasione della cerimonia del 2 Giugno, Festa della Repubblica italiana. “Per facilitare il dialogo tra docenti, studenti e famiglie sono introdotti due momenti di formazione l’anno”.

Salvini: “Genitori senza rispetto”

Il ministro Bussetti dice: “Ciò che è pubblico è nostro, vogliamo insistere su questa concezione della legalità. La prima causa di morte giovanile sono gli incidenti stradali”. Il ministro Fontana ha voluto ricordare come sia stato firmato un protocollo che prevede che la Lingua italiana dei segni sia riconosciuta anche nel nostro Paese come lingua ufficiale. In questo specifico settore servirà formare gli insegnanti. Ma è stato l’intervento di Salvini a far capire come il progetto “Educazione civica” coltivi una speranza educativa e di ordine tout court: “E’ necessario rimettere al centro la scuola, un mondo vissuto a lungo come serbatoio elettorale”, ha esordito il ministro dell’Interno. E poi: “C’è una mancanza di rispetto nei ragazzi e anche nei genitori. A volte sono molto più normali bimbi con qualche disabilità fisica e sensoriale di qualche genitore che si vorrebbe normodotato. E’ inaccettabile che vengano messe in discussione la serietà e la onorabilità di chi sta dietro la cattedra. Ho letto di quel ragazzino che ha preso 3 e ha fatto causa all’insegnante, ma quando accadeva a me io dovevo preoccuparmi di mio padre. Sono cose fuori dal mondo e bisogna imparare il rispetto”.

La proposta esistente dei sindaci

Sull’Educazione alla cittadinanza, in verità, esiste una proposta di legge popolare dei sindaci d’Italia, consegnata alla Cassazione lo scorso 14 giugno. Il sindaco di Bari, e presidente dell’Anci, Antonio Decaro spiega: “Siamo impegnati nella raccolta delle cinquantamila firme necessarie per depositare la legge per introdurre l’Educazione alla cittadinanza come materia obbligatoria nelle scuole. Abbiamo già illustrato la proposta al ministro Bussetti”. Anche in questo caso la vecchia Educazione civica si allarga ai temi digitali, ambientali, dei beni comuni. La stessa Buona scuola renziana, poi diventata Legge 107, aveva assegnato “all’insegnamento dell’Educazione alla cittadinanza una posizione più precisa all’interno dei programmi scolastici di tutte le scuole del nostro Paese” (parole dell’ex ministra Stefania Giannini). Nel 2015 non si istituì, tuttavia, una “nuova materia”, ma si spinse per “un insegnamento trasversale rafforzato”. Già, andando indietro nel tempo si trovano codificazioni di “Cittadinanza e Costituzione” in decreti presidenziali del marzo 1999 e, ancora, “a decorrere dall’inizio dell’anno scolastico 2008-2009”. La materia è sempre esistita – anche con i riferimenti alla scuola dell’infanzia – ed è stata affrontata con grande autonomia dalle scuole italiane.

Le iniziative regionali

Sull’argomento Educazione civica anche le regioni si sono mosse in autonomia. Il Veneto, per esempio. E l’Emila Romagna, che proprio in queste ore ha chiuso l’edizione di “conCittadini”, cento progetti e 35.400 studenti coinvolti su un percorso di cittadinanza attiva, memoria, legalità e diritti.

 

Per tutto l’articolo clicca qui

child-2411855_960_720
Ecco come distruggiamo la mente dei nostri bambini

Ecco come distruggiamo la mente dei nostri bambini

Vi Proponiamo un bellissimo articolo del 2014 scritto da Tiziana Cristofari

Sono una pedagogista-docente e mi occupo di formazione oramai da diversi anni. Troppo spesso però vedo una situazione che non posso più tacere, anche se non è la prima volta che ne parlo.

Sono molto indignata per la facilità con cui i nostri bambini vengono giudicati e “torturati” psicologicamente. E non sto esagerando! Perché la tortura non è solo quella fisica, ma anche e ai nostri giorni soprattutto, quella psicologica.

Viviamo in una società molto superficiale, dove i tempi frenetici e la poca pazienza che abbiamo nei confronti dei nostri bambini e delle nostre bambine, ci spingono a conclusioni affrettate sulle loro potenzialità e capacità cognitive, purché ci sollevino dall’incombenza di seguirli negli studi.

 

Troppo spesso i genitori mi portano i loro figli emotivamente avviliti, psicologicamente affranti, demotivati e senza più la minima autostima di se stessi.

Arrivano da me dicendomi che il loro bambino o la loro bambina ha difficoltà nello studio; che piange perché non vuole studiare; che non vuole andare a scuola. Me li portano dicendomi che l’insegnante gli ha detto che sicuramente ha qualche problema cognitivo, e quando arrivano da me hanno già fatto percorsi con il logopedista e il più delle volte, il medico, gli ha certificato un ritardo nell’apprendimento.
Ma sapete una cosa? Nel 99% dei casi, il bambino o la bambina non ha niente, recuperando nel giro di un anno scolastico tutte le carenze!

Mi sono chiesta più volte se voi vi foste mai domandati come reagiscono i vostri figli a tutte queste chiacchiere non vere sulla loro capacità di apprendimento. Vi siete mai chiesti cosa provano? Come stanno? Cosa pensano di tutte quelle ricerche mediche e quelle esercitazioni alienanti, ai quali vengono sottoposti anche solo perché hanno una pessima scrittura? Vi siete mai chiesti guardando la calligrafia di un medico se anche lui fosse disgrafico?

Ve lo dico io cosa pensano i nostri figli! Pensano di essere inferiori, di essere diversi, stupidi, non capaci come i loro compagni di classe. E la loro psiche lentamente cambia e diventa brutta. Perdono la loro autostima, diventano tristi, paurosi e a scuola non rendono più, non si sentono capaci e si convincono di non riuscire negli studi; dentro di loro si domandano perché devono continuare a studiare; perché devono andare a scuola, a cosa serve… perché la scuola non brucia!

Io sono molto indignata! con insegnanti impreparati nella didattica che si sentono in diritto di diagnosticare senza averne la competenza.

Sono molto indignata! con la connivenza dei medici psichiatri che devono trovare necessariamente un’anomalia in un bambino che ha solo bisogno di essere rispettato nei suoi tempi di apprendimento, mentre la loro diagnosi è basata su statistiche (vi ricordo che Albert Einstein ha mostrato la sua genialità solo all’università, risultando terribilmente carente in tutti i precedenti corsi di studi, soprattutto in matematica; e nonostante oggi si dica che fosse dislessico, niente e nessuno allora, fortunatamente, gli ha impedito di credere in se stesso e di diventare ciò che tutti noi conosciamo). Vogliamo parlare dei logopedisti? Che uccidono il pensiero del bambino tediandolo con tanti esercizietti che allontanano sempre più il piccolo dalla scuola? E tutto questo pur di non ammettere che quel paziente non ha bisogno del loro aiuto, ma solo di una efficace didattica che loro ignorano completamente.

Ma è tutto un sistema di scarica barile: l’insegnante ai genitori, i genitori al medico, il medico al logopedista e il logopedista sul problema diagnosticato dal medico che purtroppo si può migliorare, ma non curare; e non c’è la cura semplicemente perché non c’è la malattia!

Ma sono indignata anche con voi genitori! Che non avete la pazienza di ascoltarli i vostri figli; che li imboccate come se fossero sempre piccoli, senza svezzarli nel rapporto e nella loro continua e costante crescita di competenze. E questo è un errore grave, molto grave, perché non permettete loro di crescere, di sviluppare indipendenza, di conquistarsi quel pezzettino di mondo a scuola, che solo a loro appartiene. Non avete voglia di seguire e capire i cambiamenti che la scuola li costringe a sviluppare, non avete la voglia di capire che il vero problema potrebbe essere nel rapporto con voi, con la maestra o con i compagni di classe. Perché è così: quasi sempre il problema scolastico ha le sue profonde radici nel rapporto umano.

Allora non distruggiamo la mente e la vitalità dei nostri figli, abbiate il coraggio e l’umiltà di valutare il vostro rapporto, di considerare quello che la maestra ha con vostro figlio o vostra figlia, prima ancora di intraprendere un percorso diagnostico, che in quanto tale, nella mente del bambino, riporta sempre e comunque a una malattia e quindi a una diversità dai compagni di scuola. Ricordandovi inoltre che oggi, quella che viene comunemente definita dislessia, il più delle volte è un abuso di terminologia e medicalizzazione su bambini sanissimi per questione di business. Non confondiamo le difficoltà didattiche e di rapporto con la scusa della malattia, una malattia che nessuno ha organicamente riscontrato e che si basa solo su statistiche. Eviteremo così di crescere bambini insicuri, ribelli, aggressivi, svogliati, tristi, spaventati e senza autostima.

 

Per tutto l’articolo clicca qui

tamburo
TAMBULELLO!

TAMBULELLO! La nuova idea in casa Parini, dedicata ai più bambini più piccoli!

Come si fa a crescere a ritmo di musica? Con Tambulello, il ciclo di incontri promossi dal Centro Studi Parini: un corso di espressione musicale con percussioni per bambini dai 3 ai 6 anni!

Perché proprio le percussioni?

Perché le percussioni, intese come scuotere, battere, muoversi, sono uno strumento che accentua il carattere vibrazionale e ritmico della musica che i bambini sanno gestire in modo spontaneo e diretto e per questo possono mettere in gioco la propria personalità in crescita.

Le percussioni sono uno strumento primitivo e immediato, forse il primo strumento musicale utilizzato dall’uomo, fa parte proprio del nostro DNA.

Inoltre il percorso va a riprendere il rapporto che il bambino ha avuto per nove mesi con la mamma, durante la gravidanza sente suoni e rumori che sono per lo più percussori: il sangue, il battito del cuore, i rumori dell’intestino. Questi si possono considerare i primi cardini della comunicazione tra mamma e bambino e questo percorso mira a mettere in connessione quel mondo interno con quello esterno in cui il bambino cresce e forma la propria emotività.

Come si svolgono gli incontri?

I bambini usano le percussioni ognuno a modo proprio, come sanno fare individualmente, ma c’è un operatore, Claudio Miele che naturalmente conduce l’incontro e crea la situazione per cui i bambini usino le percussioni. Richiediamo che i bambini siano accompagnati non solo per una questione di sicurezza ma anche per i fini stessi del percorso educativo, perché in questo modo i genitori anche se non partecipano attivamente sono comunque coinvolti e si crea un punto di contatto diverso da quello gestito quotidianamente.

Parliamo di mamma e papà ma possono essere anche zie, sorelle, cugini, nonni, baby sitter, però la presenza dell’adulto è fondamentale ai fini dello sviluppo e della crescita emotiva, sensazionale e percettiva che viene messa in campo durante il percorso.

La sala è attrezzata e l’operatore accoglie i bambini e gli fornisce materiali che spesso non sono veri e propri strumenti ma oggetti presi dalla quotidianità che il bambino riconosce facilmente, per esempio biberon, scatole riempite di  bottoni o anche il proprio corpo, e che per questo usa anche con maggiore dimestichezza. Abbiamo previsto un solo incontro a settimana perché lavorare con le percussioni muove molta energia che deve sedimentare e devono poi metabolizzare.

Perché la musica?

Perché è un mezzo che permette di entrare in contatto con le cose e le persone senza mediazioni, la musica che si genera è solo ed
esclusivamente quella prodotta dal singolo e poi dal gruppo e la
situazione è del tutto informale.

Bisogna avere un caos dentro di sé
per generare una stella danzante
(Nietzsche)

Una situazione del genere può apparire caotica ma è finalizzata a liberare e vivere le emozioni in maniera libera, assoluta e sana, cosa fondamentale per la crescita serena dei più piccoli.

Alcune volte canalizzare le energie e l’emotività in attività come queste serve anche a “tranquillizzare” i bambini, anziché un dispendio frammentario di energie e attenzione, le si usano per qualcosa di propedeutico alla crescita.

L’obiettivo è quello di favorire una crescita serena, imparando a esprimere le proprie emozioni in maniera libera e sana ma divertendosi.

Da dove è nata l’idea?

L’idea nasce da conoscenze e teorie di musicoterapia che prevedono di imparare fin da piccoli a convivere con le emozioni più profonde,
vivendole senza irrigidirsi.

E questa fascia di età, prima che inizino la scuola elementare, è quella più indicata perché il bambino è ancora molto libero e un’attività di questo genere predispone, appunto, il bambino a una buona crescita.

Inoltre il Centro Studi Parini, nato a Parma due anni fa da un gruppo di insegnanti, lavora con i ragazzi, e a volte anche adulti, che per le ragioni più svariata, sono rimasti indietro nel percorso scolastico, svolgendo attività di recupero. Molte volte ci siamo accorti che i problemi che stanno dietro una bocciatura o la perdita e l’abbandono della scuola sono anche legati a difficoltà emotive e caratteriali, spesso il lavoro che ci vuole non è solo didattico e scolastico ma anche psicologico e allora ci siamo detti: perché non cercare di intervenire a monte dei problemi, quando i bambini sono piccoli e in crescita e contribuire a creare adulti sereni e completi? Il nostro percorso, ovviamente, non è l’unico strumento possibile ma può essere un inizio. Imparare a esprimersi, e facendolo divertendosi, vuol dire comunque imparare.

E il nome del percorso? Tambulello?

La parole naturalmente è “tamburello” ma l’abbiamo volutamente lasciata come la pronuncerebbe un bambino di tre anni prima di iniziare a parlare e scrivere in maniera corretta!!

 

 

A tal proposito, PARMAKIDS (www.parmakids.it) il quale ringraziamo calorosamente, ha avuto l’occasione di intervistare il nostro Presidente!

 

Leggi qui