Sos genitori, l’allarme dei pedagogisti

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Sos genitori, l’allarme dei pedagogisti

Sos genitori, l’allarme dei pedagogisti

“Sono fragili, aiutiamoli”

 

A Piacenza il convegno del Centro psico-pedagogico di Daniele Novara: “Occorre sospendere l’attenzione eccessiva sui bambini e cominciare ad occuparsi di mamme e papà”

di ILARIA VENTURI

 

I bambini? Crescono quelli con problemi neuropsichiatrici, hanno sempre più difficoltà ad essere autonomi, nel sonno per esempio. Il digitale invade la loro vita sin da piccoli, aumentando le dipendenze da videogiochi e le tendenze autolesionistiche da adolescenti. L’allarme è suonato dai pedagogisti oggi riuniti al convegno “Dalla parte dei genitori” promosso dal Centro psico-pedagogico di Daniele Novara. Che avverte: basta genitori fai-da-te, amici e confidenti, basta papà-peluche. A più voci, con sfumature differenti, il coro è unanime: l’urgenza ora è educare i genitori per far crescere i bambini.

Quella del convegno è un’occasione per suonare la sveglia senza mettere sul banco degli imputati mamme e papà. “Lo scopo non è colpevolizzare i genitori, ma liberare le loro risorse”, spiega Novara che ha stilato una sorta di decalogo per suggerire come fare, tipo: liberarsi dall’ansia di prestazione, essere concreti, non chiedere il suo parere (ha tre anni, non decide lui). “Occorre sospendere l’attenzione eccessiva sui bambini e cominciare ad occuparsi di mamme e papà”, insiste il pedagogista. “Trent’anni di psicologismo hanno azzerato la capacità di educare di una generazione”, il suo affondo.

Novara fa riferimento ai genitori 30-40enni: “Hanno vissuto il passaggio antropologico da una società dell’appartenzenza alla società del narcisismo”. Le conseguenze? “Pretendono di mettersi alla pari coi figli, si sostituiscono a loro. Spiegano continuamente ai loro figli come si fa a fare le cose, come lavarsi i denti, ma senza essere concreti, prima di mettere una regola sentono di doverla giustificare. Ricordo un papà con un bambino di sei anni e mezzo che mi ha detto: ho l’impressione che mi consideri un suo compagno di giochi. O mamme che vogliono parlare coi figli adolescenti quando loro non vogliono perché sono in un momento di congedo dal nodo materno”.

Novara, che al convegno ha raccolto esperti –  psicologi, pedagogisti e scrittori – come  Silvia Vegetti Finzi, Alberto Pellai, Michele Zappella, Susanna Mantovani, Bruno Tognolini, mette in guardia la politica (“rimetta la centro il problema educativo”) senza puntare il dito contro i genitori: “Lo spot preferito è diventato quello di colpevolizzarli: non li educano, non li controllano. Io dico: aiutiamoli”.

In che modo? “I genitori oggi sono più incerti, vorrebbero il meglio per i loro figli senza sapere bene che cosa è, il mondo li spaventa, e a ragione, e dunque sono disorientati. Occorre educarli non ad essere perfetti, ma sufficientemente buoni” osserva Susanna Mantovani, professoressa onoraria di pedagogia alla Bicocca di Milano. “Chiedono molto, ma spesso chiedono male. Vanno ascoltati nelle loro fatiche come quella di rendere autonomi i figli. Altra cosa è insegnare loro che non esistono soluzioni immediate, rapide: ci vuole del tempo. Ma il messaggio deve essere che ce la possono fare”.

Mariagrazia Contini, pedagogista, già docente dell’Alma Mater, frena: “Però attenzione: i genitori sono sempre più fragili ed è vero. Ma io li trovo anche molto audaci: cercano sul campo di conquistare una loro autorevolezza e vogliono fare felici i loro figli, un desiderio importante e molto nuovo. Un tempo erano i bambini che cercavano di compiacere i genitori, ora è il contrario. E’ chiaro che c’è qualcosa di eccessivo in questo, ma dietro c’è la volontà dare felicità ai figli: una scelta precisa che questi genitori hanno fatto, solo che l’hanno fatta da autodidatti. E sono molto soli nel portarla avanti”. Dunque il suggerimento, fuor di retorica sulla famiglia, è di rinforzare la scuola nel ruolo di supporto educativo, potenziare il sostegno e il welfare per i genitori. “Bisognerebbe che questo diventasse un problema sentito a livello sociale e politico – conclude Contini – i genitori potrebbero fare di meglio, certo. Ma potrebbero anche ricevere qualche aiuto: non hanno bisogno di psicologi, ma di conoscenza di quello che devono fare”.

 

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Il contributo della deontologia pedagogica

Il contributo della deontologia pedagogica alla sfida dell’inclusione scolastica

Cosa rende inclusivo un docente specializzato o curricolare? Cosa fare concretamente nell’operatività del quotidiano per testimoniare l’impegno per la crescita degli alunni? L’articolo propone una visione deontologica che definisce, nella prima parte, i principi fondamentali della professione educativa secondo l’approccio del problematicismo pedagogico, e ne propone successivamente una traduzione operativa nella pratica scolastica. L’inclusione è qui declinata come centralità del diritto all’educazione per tutti, non solo per gli alunni con disabilità ma per tutti coloro che, più o meno consapevolmente, sono portatori di bisogni educativi speciali.

 

Introduzione

La traduzione pratica dei principi dell’inclusione scolastica richiede una riformulazione della deontologia di base comune a tutti i docenti, a prescindere dal ruolo e dalla specializzazione. Solo attraverso un ripensamento generale della figura docente (in termini di finalità, competenze, metodologie), sarà infatti possibile tessere uno sfondo significante comune su cui è possibile attuare i principi di una autentica inclusione scolastica, nella direzione della costruzione di contesti sempre più competenti.

L’articolo si propone di analizzare i rapporti che intercorrono tra la riflessione deontologica, elaborata nell’ambito del problematicismo pedagogico di Bertin e dei suoi allievi, e i principi dell’inclusione scolastica, frutto, in Italia, di un lungo cammino di sperimentazione ad oggi tutt’altro che concluso.

La prima parte sarà dedicata ad una rivisitazione degli elementi essenziali della deontologia pedagogica, per mostrare come in essi siano già presenti, sullo sfondo, le linee operative per una inclusione scolastica di qualità. La seconda parte sarà invece dedicata all’analisi di alcune fondamentali competenze chiave, patrimonio comune tanto dei docenti curricolari quanto di quelli specializzati, richieste al docente che opera, nel segno della deontologia, in realtà sempre più complesse, eterogenee, plurali.

I principi della deontologia pedagogica nella prospettiva del problematicismo pedagogico

La deontologia pedagogica non ha soluzioni. Nulla è più lontano dall’approccio filosofico del problematicismo bertiniano di voler fornire non solo la “ricetta” per risolvere una situazione (oggi sempre più) complessa, ma anche la possibilità di un’interpretazione univoca di essa. Così deve essere interpretata anche la prospettiva deontologica che da questo filone prende le mosse: un impegno riflessivo costante che il docente deve condurre sul proprio lavoro e sulle motivazioni che lo sorreggono, diventando sempre di più un “professionista riflessivo”. Una riflessione che attinge dalla pratica e che in essa ritorna per arricchirla e renderla viva, consapevole di sé. Interpretata in questo modo, la deontologia, afferma Bertin, assume i connotati di un pensiero “inattuale”: essa non corrisponde infatti ai canoni del “pensiero sbrigativo” imposti dal paradigma attuale, non soddisfa le esigenze della semplificazione, non offre garanzie di successo: anche per questo, sosteneva Bertin, essa va perseguita, come impegno nei confronti di tutto ciò che è attuale al fine di integrarlo e arricchirlo.

La domanda cui la deontologia risponde non è dunque semplicemente “Cosa fare?” (la ricetta) ma si connota come domanda di senso, che diventa definizione di un orizzonte regolativo formale entro cui iscrivere le diverse prassi educative quotidiane: “A che cosa (fondamentalmente e dal punto di vista etico) deve essere tenuto chi educa?”. Nel rispondere a questa domanda facciamo esplicito riferimento alla proposta Contini che, facendo propria l’impostazione del problematicismo, ha sistematizzato in tre principi fondamentali la deontologia pedagogica delle professioni educative e, tra queste, dell’insegnante.