Scuola, stangata al ritorno dalle vacanze

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Scuola, stangata al ritorno dalle vacanze

Scuola, stangata al ritorno dalle vacanze: 1000 euro per libri, zaini e astucci

La denuncia delle associazioni dei consumatori. Oltre 500 euro solo per il corredo scolastico, a cui se ne aggiungono altrettanti per i testi scolastici. I consigli per risparmiare

 

La riapertura delle scuole si avvicina e i genitori si preparano a pagare un conto molto salato per il materiale scolastico dei propri figli. La cifra, secondo le associazioni dei consumatori, può superare anche i mille euro se si considera sia il corredo scolastico sia i libri.

Secondo i calcoli di Federconsumatori, quest’anno costerà intorno ai 526 euro il corredo scolastico per ogni singolo studente, con un incremento dello 0,8% rispetto al 2017. Nella classifica degli aumenti quest’anno il primo posto spetta agli astucci e diari legati ai beniamini dei cartoni animati, mentre per i libri e 2 dizionari i genitori dovranno sborsare poco più di 456 euro a ragazzo, vale a dire l’1,1% in meno rispetto all’anno scorso.

Più pesanti gli aumenti per astucci, zaini e materiale scolastico e anche per i libri di testo secondo il Codacons: nei negozi e nei supermercati di tutta Italia già da giorni è comparso tutto l’occorrente per la scuola – ricorda l’associazione – si va da diari e quaderni “low cost” a zaini e astucci griffatissimi con le marche del momento, sempre più richieste dai giovanissimi. In base alle prime stime l’associazione per i diritti dei consumatori calcola per il corredo scolastico (penne, diari, quaderni, zaini, astucci, ecc.) rispetto al 2017, un incremento medio del +2%, rincaro che raggiunge il +4% per il materiale “griffato”, ossia le marche più richieste dai giovanissimi perché legate a squadre sportive, cartoni animati, bambole o personaggi e serie famosi.

Il prezzo di uno zaino di marca raggiunge i 120 euro, mentre per un astuccio griffato attrezzato (con penna, matita, gomma da cancellare e pennarelli) la spesa arriva quest’anno a 40 euro – analizza il Codacons – Altra voce che incide sulla spesa per il corredo è quella relativa al diario, che sfiora i 20 euro per le marche più note. L’esborso per il materiale scolastico completo raggiungerà durante l’anno scolastico 2018/2019 – secondo l’associazione – quota 520 euro a studente su base annua, cui va aggiunto il costo per libri di testo, altra voce che inciderà pesantemente sui portafogli delle famiglie italiane, variabile a seconda del grado di istruzione e della scuola. Contrariamente a Federconsumatori, che parla di un leggero risparmio per l’acquisto dei testi scolastici, il Codacons smentisce la possibilità di sensibili riduzioni e anzi si prevede un esborso economico maggiore a carico delle famiglie rispetto lo scorso anno scolastico.

Per questo, tra corredo e libri di testo – denuncia il Codacons – la spesa complessiva può facilmente superare i 1.100 euro a studente, una vera e propria stangata per le tasche degli italiani.

Tuttavia – spiega l’associazione – anche sulla spesa scolastica è possibile risparmiare sensibilmente e abbattere i costi del 40% seguendo alcuni consigli. Prima di tutto non inseguendo le mode, e acquistando prodotti di identica qualità a quello dei marchi più famosi, si possono abbattere le spese del 40%. Scegliendo di acquistare i prodotti nei supermercati si può arrivare a risparmiare fino al 30% rispetto alla cartolibreria, mentre rinviare gli acquisti a un momento successivo all’inizio delle scuole può significare altri notevoli risparmi. Infine, raccomanda ancora il Codacons, spesso è utle attendere le indicazioni dei professori, così da evitare acquisti superflui o carenti.

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Maturità 2019

Maturità 2019

Ritorno a scuola nell’incertezza. Bussetti: “Tutte le novità entro settembre”

Di certo c’è solo una data: il 19 giugno, giorno della prova scritta di Italiano. Il ministro rassicura, ma gli studenti chiedono chiarezza

di SALVO INTRAVAIA

Per la prima volta, i 500mila studenti dell’ultimo anno delle superiori che si apprestano a rientrare in classe non sanno con quale formula affronteranno gli esami di maturità. Il governo Lega-5Stelle intende mettere mano anche alla prossima maturità. A sparigliare le carte, una intervista del ministro dell’Istruzione Marco Bussetti alla Stampa dei giorni scorsi che anticipa novità sui prossimi esami di stato. “E’ un lavoro – spiega l’inquilino di viale Trastevere – che stiamo facendo con gli uffici del ministero. Lo dettaglieremo a decisioni prese e, comunque, entro settembre. L’esame è sempre un tema delicato che mette in fibrillazione ragazzi e famiglie”.Secondo la normativa vigente, la maturità 2019, che prederà il via mercoledì 19 giugno 2019 con la prova scritta di Italiano, si svolgerà secondo le novità introdotte con la Buona scuola bis. E per la precisione: due sole prove scritte, mandando in soffitta la terza prova spesso sotto forma di quizzone a risposte aperte e chiuse; rivoluzione dei punteggi, con 40 centesimi destinati alla carriera scolastica e 20 centesimi per ciascuna prova scritta e per il colloqui; introduzione di un test Invalsi obbligatorio per essere ammessi agli esami, da svolgersi entro il mese di aprile; abolizione della tesina di apertura del colloquio che verrà sostituita da una prova sull’alternanza scuola-lavoro.

Ma, a questo punto, come si svolgeranno i prossimi esami di maturità? Secondo le regole nuove, che diventano vecchie al cospetto delle modifiche ventilate da Bussetti, o seguendo una procedura ancora diversa? L’esame di maturità, negli ultimi anni, è stato al centro delle polemiche per due ragioni: i troppi cervelloni che si diplomano con 100 e lode al Sud e la scarsa selezione di una procedura che, tra compensi ai commissari e costi collegati alle prove d’esame, costa quasi mezzo miliardo di euro all’anno. Col risultato di un “todos caballeros”: tutti promossi. Gli esami conclusi lo scorso mese di luglio hanno dato il seguente verdetto: 99,6 per cento di promossi e “solo” 4 bocciati ogni mille candidati. A svolgere il lavoro sporco sono i consigli di classe, che quest’anno non hanno ammesso 4 ragazzi su cento. L’esame è poi una formalità che tuttavia crea sempre un certo patema d’animo a studenti e genitori. Cui quest’anno si aggiunge l’incertezza delle regole.

“Il fatto che a oggi non ci siano certezze su come verrà strutturato l’esame di maturità rappresenta il nodo problematico di fondo, laddove – dichiara Giulia Biazzo, dell’Unione degli studenti – non si dà alle studentesse e agli studenti un’aspettativa e certezze rendendo più incerto tutto il quadro dei prossimi esami di stato. Come del resto su molti aspetti della scuola italiana”. Le rappresentanze studentesche avevano già criticato la riforma Renzi, soprattutto sugli aspetti che riguardano il quizzone Invalsi, senza svolgere il quale non si potrà accedere agli esami, e il ruolo dell’Alternanza scuola-lavoro, con l’obbligo di avere svolto tutte le 200/400 ore perviste per i liceali e gli studenti dei tecnici e dei professionali, e l’obbligo di relazionare agli esami sull’esperienza svolta. Ma adesso la polemica si è spostata sull’eventuale cambio in corso d’opera annunciato dal governo giallo-verde

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Vaccini, i presidi non saranno responsabili delle autocertificazioni false

Vaccini, i presidi non saranno responsabili delle autocertificazioni false

Il ministro Bussetti ha incontrato le organizzazioni sindacali che rappresentano i dirigenti. “Eventuali responsabilità ricadono esclusivamente sugli autori”

di GIORGIA PACINO

 

 

Gli unici responsabili saranno i genitori. Come la mamma no vax che si è vantata sui social di aver falsificato il certificato vaccinale della figlia, poi denunciata dalla scuola, così in caso di autocertificazioni false a risponderne saranno soltanto gli autori. E non anche i presidi.

La precisazione arriva del Miur, dove oggi il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti ha incontrato le organizzazioni sindacali dei dirigenti scolastici. “Il ministro ci ha garantito che le eventuali responsabilità connesse ad autocertificazioni non veritiere ricadranno esclusivamente sugli autori delle stesse”, conferma il presidente dell’Associazione nazionale presidi Antonello Giannelli. “Ribadiamo, tuttavia, la posizione da noi già espressa nei giorni scorsi relativamente all’obbligo di vaccinazione e al rischio di ammettere nelle scuole i bambini non vaccinati”, puntualizza. “Ritengo che si debbano accettare le autocertificazioni solo ed esclusivamente laddove le Asl non siano in grado di rilasciare le certificazioni, circostanza che i genitori dovranno dichiarare sotto la propria responsabilità”.

Risale a inizio agosto la dura presa di posizione dei presidi. Nonostante la decisione del governo di rinviare al prossimo anno scolastico l’obbligatorietà delle vaccinazioni, a settembre sarà ancora in vigore il decreto Lorenzin. L’Anp si è detto più volte contrario all’idea di permettere la frequenza scolastica negli asili nido e nelle scuole materne in assenza del certificato dell’Asl e ha respinto anche l’idea di classi differenziate per i bambini immunodepressi. “Finché resta in vigore l’attuale legge sugli obblighi vaccinali, per garantire la tutela della salute di tutti i bambini e in particolare di quelli immunodepressi, dovranno essere effettuati i controlli previsti”, aggiunge Giannelli.

Quello di oggi è stato il primo di una serie di confronti tecnici che, precisa il Miur, “ci saranno a partire dalla prossima settimana, sia per garantire il regolare avvio dell’anno scolastico sia per affrontare i temi più generali e specifici del mondo della scuola”.

“Per la scuola l’accoglienza costituisce una condizione essenziale per poter svolgere efficacemente il suo compito di istruire, educare e formare. Non può essere tuttavia caricata di incombenze improprie, per le quali non ha titolo e competenza, né si può chiedere alle istituzioni scolastiche di supplire a carenze di altri soggetti”, precisa Maddalena Gissi, segretaria generale della Cisl Scuola. “La questione vaccini è in sé molto delicata. Guai se a prevalere sono polemiche strumentali e di corto respiro, tutto ciò alimenta divisioni e tensioni che purtroppo si stanno manifestando anche fra le famiglie degli alunni. Servono interventi che restituiscano alle nostre scuole chiarezza e serenità”.
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A settembre di nuovo con pochi prof

A settembre di nuovo con pochi prof. Ed è allarme per il sostegno

Il Miur ha chiesto al ministero delle Finanze 57 mila assunzioni, ma ci sono molti vuoti, soprattutto al Nord. Solo nove regioni su quindici hanno completato i primi percorsi di formazione

di SALVO INTRAVAIA

 

La scuola rischia di ripartire con la solita carenza di docenti. Soprattutto sul sostegno. La macchina ministeriale è in movimento per organizzare l’avvio del prossimo anno scolastico, che per gli insegnanti si apre il primo settembre. Ma diverse questioni devono essere ancora definite. Nel corso di un incontro con i sindacati sono state affrontate quelle più urgenti, senza le quali la stagione partirà in salita.

IMMISSIONI IN RUOLO, IL RITARDO DEI “FIT 1”
Le oltre 57 mila assunzioni in pianta stabile richieste dal ministero dell’Istruzione al dicastero dell’Economia dovrebbero essere autorizzate nei prossimi giorni. I tecnici del Miur hanno fornito i numeri suddivisi per ordine di scuola e per il sostegno. Le 57.322 cattedre dovrebbero essere coperte dai precari storici delle graduatorie provinciali ad esaurimento, dai vincitori dell’ultimo concorso e da coloro che riusciranno a completare il primo percorso Fit (Formazione iniziale e tirocinio) destinato agli abilitati che non figuravano nelle liste ad esaurimento (poi c’è il Fit per i non abilitati, varato dalla ministra Fedeli ma non ancora confermato dal nuovo dicastero guidato da Bussetti). Ma, paradossalmente, non è detto che gli uffici scolastici regionali e gli ex provveditorati agli studi (ora Ambiti territoriali provinciali) riusciranno ad assegnare tutti i posti. Perché le liste dei precari e le graduatorie dei concorsi in parecchi casi sono già vuote o con pochi aspiranti. E su 364 percorsi Fit da attivare ne sono partiti soltanto 310. Entro il 31 agosto prossimo, data limite per fare scattare le assunzioni, solo 9 regioni su 15 hanno comunicato che completeranno i concorsi in questione. E’ quindi probabile che dei 57 mila posti in palio ne verranno assegnati parecchi di meno. E per colmare tutti i vuoti si dovrà ricorrere ai precari di seconda e terza fascia d’istituto. Una situazione particolarmente pesante al Nord, dove si concentra il 60 per cento delle cattedre libere: 34mila in tutto. Al Sud, solo il 22 per cento dei posti: meno di 13 mila cattedre.

EMERGENZA DISABILITA’, VERSO UN NUOVO TFA
Nel corso dell’incontro del 25 luglio scorso, i tecnici ministeriali hanno ammesso che la situazione per il sostegno è piuttosto preoccupante. È molto improbabile che si riesca a coprire con altrettanti aspiranti in possesso di tutti i titoli prescritti i 13 mila posti di sostegno comunicati dal Miur per le immissioni in ruolo. Soprattutto nelle regioni settentrionali, trovare specializzati abilitati nelle graduatorie ad esaurimento e dei concorsi è piuttosto difficile. E dei 13 mila posti disponibili parecchi resteranno senza pretendenti. Anche in questo caso si provvederà con supplenti d’istituto e in non pochi casi anche con docenti non specializzati. È infatti prevista per il 2018-2019 una ulteriore crescita degli alunni disabili e dei posti in deroga (quelli in più rispetto all’organico stabile) e in tanti, anche non specializzati, possono sperare di acciuffare una supplenza per tutta la stagione. L’anno scorso i posti in deroga furono 55 mila, quest’anno si potrebbero superare le 60 mila unità. Per questa ragione il Miur ha in programma un nuovo percorso di specializzazione (Tfa, Tirocinio formativo attivo) da attivare prima possibile.

I DIPLOMATI MAGISTRALI CONFERMATI IN CATTEDRA
La questione dei 5.655 diplomati magistrali assunti senza il requisito principale (l’idoneità a un precedente concorso o un’altra forma di abilitazione) è entrata a pieno titolo nel Decreto dignità che dovrebbe vedere la luce entro il 2 agosto. La nuova formulazione dell’articolo 4 del provvedimento in discussione prevede l’estensione dei 120 giorni di congelamento delle sentenze sfavorevoli (che sancirebbero il licenziamento degli assunti) a tutti, la trasformazione dei contratti a tempo indeterminato in contratti a tempo determinato (al 30 giugno 2019) con la salvaguardia della continuità didattica per il prossimo anno e l’indizione di un concorso straordinario, riservato ai docenti abilitati che abbiano svolto, negli ultimi otto anni scolastici, almeno due stagioni di servizio specifico, anche non continuativo. Nella speranza che gli esclusi non ricorrano in massa al giudice creando ulteriore caos. Il sindacato ricorsificio Anief già li annuncia.

 

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Una riflessione sulla scuola italiana

Una riflessione sulla scuola italiana

 

Scritto da Maria

 

Raccontare la scuola è come raccontare il mondo: l’impressione è sempre la stessa, quella  di rimanere in superficie a guardare la punta di un iceberg, senza la consapevolezza di quello che si agita o si potrebbe esplorare nei fondali. E il primo errore di valutazione, forse, lo abbiamo già fatto dalla prima riga. Aggiustiamo allora il tiro: la scuola non è come il mondo. La scuola è il mondo, quello dell’oggi, ma soprattutto quello del domani. Ci racconta che cosa siamo e che cosa saremo o avremo deciso di essere. Sono anni che l’informazione poco si occupa di questa istituzione e che, quando lo fa, si concentra, esclusivamente e per puro dovere di cronaca, a parlare di quello che “ha” non di quello che “è”, ammesso che  la scuola “sia” ancora qualcosa. E la gente registra certe notizie senza ascoltarle, senza più dare loro un valore, per cui in merito all’argomento son decenni che circolano sempre le stesse opinioni: insegnanti fannulloni e incapaci o, nel migliore e più compatito dei casi, precari, alunni perditempo o bulli, strutture fatiscenti.

“Vecchia” è il solo aggettivo associato alla scuola che però la rappresenti autenticamente, al di là di ogni strumentalizzazione e del pessimismo più nero. La scuola è vecchia, ma non nel senso che vi aspettereste. Non per la classe docente che ormai supera in media i sessant’anni o per gli edifici malridotti. Non è questo il motivo che la rende decrepita. Anche se è quello che vogliono farci credere. Se ciò fosse vero, allora per rinverdirla basterebbe un colpo di spugna, basterebbe davvero inventarsi, come è stato fatto negli ultimi mesi, registri e libri di testo in formato elettronico o iscrizioni on line. Ma non è così.

Si invecchia quando si smette di sperare. E la scuola italiana ha smesso di farlo. Demagogicamente e populisticamente sarebbe semplice riempire questo articolo di tutti quelli che sono i suoi problemi. Si potrebbe cominciare dalla mancanza di carta igienica, di gesso per le lavagne, di inchiostro e carta per  stampanti e fotocopie,  di combustibile per i riscaldamenti,  di pc per insegnati e alunni, fatto quest’ultimo che la dice lunga sulla scuola del futuro, quella giovane, quella dove basta un click. Si potrebbe parlare di scuole “arrangiate” in edifici che erano palazzi privati, dove gli alunni, mai meno di venti per classe, vengono stipati in cucine e bagni oppure di strutture non più sicure e che andrebbero ristrutturate. Ma nemmeno tutte queste costatazioni sarebbero capaci di rendere vecchia la scuola. Le mancanze economiche e strutturali danneggiano la qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento, ma di per sé non sono responsabili del fatto che oggi la scuola appaia come un’anziana signora. La sua età non è data da un fattore esterno, per cui, sì, ci auguriamo che si possano trovare fondi da destinare a questa istituzione per sanare le sue carenze e che l’avvento di strumenti elettronici possa ottimizzare la formazione dei ragazzi – e per far ciò andrebbe completamente riprogrammata la didattica e riformulati i libri di testo, perché la probabilità più alta è che la scuola telematica del futuro sia una brutta figlia di quella attuale, nata da una semplice triturazione di programmi e contenuti, il cui fine consiste solo nella lotta alla sopravvivenza per le case editrici, piuttosto che in un investimento di energie per concepire nuove possibilità di studio –  ma non riteniamo che la questione si risolva in questo modo.

Bisogna andare a fondo e nel fondo della scuola, alle sue basi, dentro e fuori di essa, c’è un sostrato umano tutto da analizzare. È l’umano che andrebbe esplorato, alla ricerca di questa vecchiaia che sta cambiando la scuola. E le tipologie umane che la popolano sono almeno tre: quelli che comandano, quelli che brigano, quelli che subiscono. Scontato? Forse che sì, forse che no vi risponderebbe, se potesse parlare, D’Annunzio.

Al primo gruppo appartengono sia i dirigenti e sia i genitori – gli uni alla ricerca di iscritti, perché, per chi non lo sapesse, oramai la scuola deve vendere se stessa e la cosa non sarebbe tanto deplorevole, se a essere in vendita fosse la conoscenza,  gli altri sempre pronti a insegnare ai docenti parassiti il loro lavoro. Entrambi hanno smarrito quel sentimento che dove si fa formazione, alla vita e alla professione, non dovrebbe andare mai perso: la fiducia, nelle persone che insegnano e nelle materie che si insegnano.

Al secondo gruppo appartengono gli insegnati, quelli “over sessanta” e “over venticinque”. I primi costituiscono l’80% della classe insegnate e per lo più sono stanchi del loro lavoro, sono delusi da una professione che non sentono più appartenere loro e che continuano a fare perché qualcuno ha allungato l’età pensionabile. Del resto non potrebbe essere diverso. Loro hanno vissuto la scuola quando questa ancora faceva sognare, quando ancora era un valore. I secondi, una percentuale minima, vivono la scuola come un miraggio. Pagati sempre in ritardo, continuamente peregrini da un istituto all’altro, la loro attività di insegnamento è sempre una meteora, luminosa, affascinate, ma destinata a durare poco. Eppure loro ci credono, sono gli unici che ci credono ancora. Hanno sfidato il ludibrio familiare e pubblico quando hanno scelto questo mestiere e se lo hanno fatto, a differenza di quanto avveniva per il passato, lo hanno fatto solo per passione, solo per seguire una visione, quella dell’eternità delle emozioni che si trasmettono e di quelle che si ricevono dagli allievi. Eh, sì, perché la scuola prima d’insegnare dovrebbe emozionare. Che ne sarebbe di Dante, Shakespeare, Leopardi, senza emozioni? Ma che ne sarebbe anche delle conoscenze matematiche, fisiche, chimiche se perdessimo di vista l’entusiasmo di Galileo quando parla del mondo come di un libro da imparare a leggere, perché Dio ha dato solo all’uomo questa possibilità? Nulla, non ne sarebbe nulla. Esattamente quello che accade oggi. Perché?

Per rispondere veniamo all’ultima tipologia umana che si rintraccia nel grande zoo scolastico, gli studenti: quelli che subiscono le aspettative dei genitori, a cui fino a qualche tempo fa interessava la felicità e la maturazione dei figli, prima che esse venissero identificate con un conto in banca, che subiscono le frustrazioni dei docenti, quelli che non ne possono più e quelli appena lattanti che inorridiscono dinanzi all’apatia di questi ragazzi che spegne i loro furori, quelli che subiscono le ansie della società che li partorisce. Gli studenti. È in loro che si concretizza lo spettro del vecchio. Se ai trentenni di oggi i ritmi e le esigenze della nostra società hanno ucciso i sogni, agli studenti la precarietà della vita e l’indeterminatezza del futuro li ha negati completamente.

E una società che nega i sogni nega il futuro.

Una scuola che nega la speranza è una scuola vecchia.

Per cui eccoli qui i ragazzi della scuola, nella scuola: spigliati fino al disprezzo delle regole e fragili nei loro sogni di carta, nella loro disillusione che diventa angoscia esistenziale.  E come dare loro torto? Sedere tra i banchi è solo aspettare un diploma che li renderà disoccupati, in una società che non sa riprogrammarsi e che non ha insegnato loro né la gioia del sogno né la fatica del reinventarsi.

Il loro disincanto, oggi, è la colpa peggiore.

Sbaglierebbero quanti tendessero a fare di questo discorso un ragionamento di stampo morale, perché una scuola vecchia, vecchia nei giovani che dovrebbero pensare propositivamente al futuro, è un problema ben più che etico, è un problema economico. Una scuola vecchia non è forse  il frutto di una società che ha smesso di investire, di credere nello sviluppo, di credere in una possibilità, di una società che parcheggia le leve del futuro in un asilo di falsi bisogni e di vuote ambizioni?

 

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I poeti del Sud ancora esclusi dai programmi dei licei

I poeti del Sud ancora esclusi dai programmi dei licei

Scuola, la denuncia: “I poeti del Sud ancora esclusi dai programmi dei licei”

Le “indicazioni nazionali” restano quelle della Gelmini (2010): nessun autore meridionale e una sola donna. L’appello firmato anche da Dacia Maraini e Alberto Angela. Il Miur: “Pronto un testo di revisione”

di CORRADO ZUNINO

 

 

I poeti del Novecento del Sud sono stati tagliati dai programmi liceali sotto il ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini, nel 2010. E dopo quattro ministri, e quattro possibili nuove “indicazioni nazionali”, sono ancora fuori dalla scuola. Lo ha ricordato il Centro di documentazione di poesia del Sud, che con il presidente Giuseppe Iuliano e il direttore Paolo Saggese ha riaperto il dibattito e la raccolta di firme a “Napoli città libro”, la manifestazione culturale che si è conclusa domenica scorsa con ventimila visitatori.

Nel 2010 il Miur indicò, a titolo esemplificativo, 17 autori come oggetto di studio privilegiato. E a queste “Indicazioni” si sono sostanzialmente uniformati i libri di testo delle scuole superiori. Chi sono i poeti del Novecento suggeriti per lo studio degli studenti del quinto anno? “Dentro il Secolo XX e fino alle soglie dell’attuale”,  si legge nel testo ministeriale del 2010, “il percorso della poesia, che esordirà con le esperienze decisive di Ungaretti, Saba e Montale, contemplerà un’adeguata conoscenza di testi scelti tra quelli di autori della lirica coeva e successiva (per esempio Rebora, Campana, Luzi, Sereni, Caproni, Zanzotto, …). Il percorso della narrativa, dalla stagione neorealistica ad oggi, comprenderà letture da autori significativi come Gadda, Fenoglio, Calvino, Primo Levi e potrà essere integrato da altri autori (per esempio Pavese, Pasolini, Morante, Meneghello…)”. Diciassette esempi, diciassette nomi. Diciassette luoghi di nascita. Trento e il Nord-Est, tanta Milano, Torino e il Piemonte, Genova, la provincia di Firenze, poi Bologna. Tolti Ungaretti, nato ad Alessandria d’Egitto e cresciuto da cosmopolita, e Italo Calvino lui originario di Cuba, nessuno dei poeti indicati è nato al di sotto di una linea che congiunge l’Alta Toscana con l’Emilia.

Il Centro di documentazione, che ha aggiunto alle firme raccolte per la revisione dei programmi ministeriali anche quella di Dacia Maraini e Alberto Angela, dello scrittore Maurizio De Giovanni, del direttore del Centro di produzione Rai Francesco Pinto, cita tra le mancanze letterarie: i siciliani Salvatore Quasimodo (Premio Nobel per la letteratura), Elio Vittorini, Leonardo Sciascia e Gesualdo Bufalino, il napoletano Eduardo De Filippo, Alfonso Gatto di Salerno.

Il testo mostrato, e sottoscritto, al salone del libro e dell’editoria di Napoli è stato questo: “Napoli città libro” chiede a tutti gli scrittori e gli operatori culturali che vi parteciperanno di firmare l’appello del Centro di documentazione di poesia del Sud per uno studio della letteratura italiana rispettoso della ricchezza culturale dell’intera Nazione”.

Le indicazioni del 2010 hanno lasciato fuori dai suggerimenti per i licei anche molte poetesse. Tra gli autori citati, abbiano visto, c’è Elsa Morante, lei romana. Ma non si fa cenno alle figure e alle opere di Grazia Deledda, Alda Merini, Maria Luisa Spaziani, Matilde Serao, Anna Maria Ortese.

Un gruppo tecnico di monitoraggio liceale, espressione del Miur e in particolare di Marco Rossi Doria, sottosegretario all’Istruzione con la ministra Carrozza, aveva avviato un lavoro di revisione da concludersi entro l’anno scolastico 2014-2015 (ministra Giannini). Ad oggi di quel primo lavoro non c’è traccia. Ci sono state, al proposito, interrogazioni parlamentari dei 5 Stelle, del Partito democratico, di Sinistra Ecologia e Libertà. La ministra in carica Valeria Fedeli lo scorso settembre ha quindi istituito il Comitato scientifico nazionale per l’applicazione e l’innovazione delle Indicazioni nazionali (scuola secondaria superiore). Il documento rilegge complessivamente le linee guida anche sugli autori ed è in fase di limatura. Nel frattempo la Fedeli ha rilanciato il tema degli autori non studiati con una iniziativa specifica su Grazia Deledda.

Le indicazioni contenute nel decreto ministeriale non sono prescrittive, lasciano possibilità di scelta agli insegnanti sugli autori da proporre, ma modellano inesorabilmente il mercato dei libri di scuola.

 

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Il 20 giugno al via la maturità per 509mila studenti

Il 20 giugno al via la maturità per 509mila studenti

Stenta a decollare il progetto Clil, cioè la materia svolta in lingua straniera. Sarà l’ultima prova con le vecchie regole

di SALVO INTRAVAIA

 

La macchina della maturità scalda i motori.Il 20 giugno al via la maturità per 509mila studenti. La ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli ha firmato l’ordinanza che fissa le regole per condurre le ultime prove dell’era Berlinguer-Fioroni. Scegliendo anche le tracce per la prima e le seconde prove, questa è la prassi, sottopostele dal capo della struttura tecnica degli Esami di Stato, Ettore Acerra. “Come ogni anno – dichiara la ministra Fedeli – al Miur abbiamo lavorato per garantire uno svolgimento ordinato dell’esame di Stato e per predisporre delle prove in linea con il percorso formativo delle nostre studentesse e dei nostri studenti, facendo tesoro dell’esperienza degli anni scorsi, delle osservazioni di studenti e docenti, del collegamento con le attività didattiche che si svolgono ogni giorno”.

“Il 20 giugno al via la maturità per 509mila studenti – aggiunge l’inquilina di viale Trastevere – è un traguardo importante, ed è anche un momento di passaggio tra fasi differenti della vita. Vogliamo accompagnare le studentesse e gli studenti in questo percorso”. E da oggi scatta il cronoprogramma che tra un mese e mezzo esatto porterà oltre 509mila studenti del quinto anno alla prova scritta di Italiano. Entro il 15 maggio i Consigli di classe dovranno approvare l’omonimo documento che servirà alle commissioni come guida per svolgere le prove: carriere scolastiche di tutti gli studenti, programmi svolti, tipologie di prove sostenute e esperienze fatte durante i cinque anni.

Un mese dopo, il 18 giugno, si celebrerà la riunione preliminare con i docenti – tre membri interni, tre commissari esterni e il presidente – che esamineranno i ragazzi. E due giorni dopo partirà la kermesse delle prove scritte: il 20 giugno quella di Italiano, nella consueta formula con quattro opzioni (saggio breve/articolo di giornale, analisi del testo, tema storico e tema di attualità), il giorno successivo la prova scritta di indirizzo – versione di Greco al classico, Matematica allo scientifico, Lingua e cultura straniera 1 per il liceo linguistico, scienze umane per il liceo delle scienze umane e lunedì 25 giugno la terza prova scritta, sovente un quizzone con domande a risposta aperta e domande a risposta multipla. Ma quella del 2018 verrà ricordata come l’ultima maturità prima della mezza rivoluzione operata dalla Buona scuola bis.

Con novità su punteggi, prove e requisiti per l’ammissione agli esami. Le novità di quest’anno sono invece pochissime. Una riguarda i modelli di calcolatrice che sarà possibile utilizzare senza incorrere in provvedimenti “rese note – spiegano dal Miur – con una circolare di marzo e chi vorrà usarle dovrà consegnarle il giorno della prima prova scritta per consentire alla commissione d’esame i necessari controlli”. Anche sull’Alternanza scuola-lavoro, che da quest’anno entra a regime, poche novità. Nessun obbligo da parte delle commissioni di indagare sul lavoro svolto. I commissari “nella predisposizione della terza prova, potranno tenere conto, ai fini dell’accertamento delle competenze, delle abilità e delle conoscenze, anche delle esperienze condotte in Alternanza Scuola-Lavoro, stage e tirocinio”.

Stenta a decollare invece la modalità Clil, una materia non linguistica svolta in lingua straniera, introdotta dalla riforma Gelmini. Perché le classi che sono riuscite a svolgere qualche parte del programma in lingua straniera sono poche e anche se gli studenti hanno svolto qualche modulo di Matematica o Storia in inglese non è detto che in commissione ci saranno i docenti delle stesse materie in grado di verificare le competenze degli studenti.

in lingua straniera. Un fallimento dal quale le scuole non sanno come uscire. Ma prima degli esami veri e propri i 509mila studenti iscritti alla maturità dovranno superare lo scoglio dell’ammissione che ogni anno miete 30mila “vittime”.

 

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In Classe Vietati Bermuda, Canotte e Jeans Strappati, la Scuola non è una Discoteca

In Classe Vietati Bermuda, Canotte e Jeans Strappati, la Scuola non è una Discoteca

Siamo arrivati al mese di Maggio, questo significa che si è agli sgoccioli dell’anno scolastico. Maggio però coincide anche con le calde temperature ed ecco allora che spuntano le prime critiche e avvisi da parte dei Dirigenti Scolastici, in particolare si fa riferimento al Dress Code.

Il primo proviene dalla Dirigente Scolastica dell’istituto comprensivo di Leonardo da Vinci di Milano. È stata infatti inviata una circolare diretta alle famiglie nella quale si ricorda che è vietato per gli alunni e alunne indossare pantaloncini, canottiere, bermuda e ogni altro capo di abbigliamento ritenuto non idoneo ad un ambiente scolastico.

Al riguardo sono state espresse molte critiche, ma anche apprezzamenti, in particolare quelli della sociologa Chiara Saraceno che dice: “Fino a dieci anni fa nessuno si sognava di andare a scuola o all’università con le infradito. La differenza tra la spiaggia o la scuola dovrebbe essere mantenuta. Non è un problema di quanta pelle si mostra ma che ci si presenti in modo diverso a seconda del luogo che si frequenta. Senza esagerare nel formalismo è necessario che come si imparano i ritmi del tempo è utile imparare la diversità dei luoghi: l’aula non è la discoteca

Ma la città di Milano non è sola: possiamo ricordare infatti come, lo scorso anno, in un istituto di Rimini si sia avvertita l’esigenza di emanare un Dress Code. Le cose non sono cambiate nemmeno quest’anno, infatti dopo 3 infrazioni gli studenti verranno richiamati con una nota scritta.

 E come dimenticare la circolare del Liceo Righi di Roma dello scorso anno?

A titolo meramente esemplificativo: a scuola le infradito non sono eleganti. In spiaggia, magari, sì. A scuola una minigonna non è elegante. In discoteca, magari, sì. A scuola, un pantalone corto(con eventuali peli sulle gambe, di varia lunghezza, annessi) non è elegante. E non lo è da nessun’altra parte. A scuola, far vedere le ascelle non è elegante. Dal dottore, magari, sì. A scuola, mostrare le proprie mutande mentre si cammina per i corridoi non è elegante. Se si dovesse diventare testimonial di qualcuno, magari, sì

E si continua a leggere nella circolare: “Mi permetto di prevenire qualsiasi possibile istanza avente ad oggetto la pretesa percezione di temperature sub-sahariane che potrebbero, nell’ottica di qualcuno, fungere da giustificazione a scelte di abbigliamento più adatte ad una spiaggia che non ad una scuola. Abbiamo la fortuna di vivere in una zona del mondo beneficiata dal così detto clima temperato mediterraneo: senza entrare nello specifico, estati secche ed inverni miti. C’è di peggio. Qualora doveste mai frequentare scuole situate in zone di clima equatoriale, ne potremo riparlare. Al momento, no

 

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Il contributo della deontologia pedagogica

Il contributo della deontologia pedagogica alla sfida dell’inclusione scolastica

Cosa rende inclusivo un docente specializzato o curricolare? Cosa fare concretamente nell’operatività del quotidiano per testimoniare l’impegno per la crescita degli alunni? L’articolo propone una visione deontologica che definisce, nella prima parte, i principi fondamentali della professione educativa secondo l’approccio del problematicismo pedagogico, e ne propone successivamente una traduzione operativa nella pratica scolastica. L’inclusione è qui declinata come centralità del diritto all’educazione per tutti, non solo per gli alunni con disabilità ma per tutti coloro che, più o meno consapevolmente, sono portatori di bisogni educativi speciali.

 

Introduzione

La traduzione pratica dei principi dell’inclusione scolastica richiede una riformulazione della deontologia di base comune a tutti i docenti, a prescindere dal ruolo e dalla specializzazione. Solo attraverso un ripensamento generale della figura docente (in termini di finalità, competenze, metodologie), sarà infatti possibile tessere uno sfondo significante comune su cui è possibile attuare i principi di una autentica inclusione scolastica, nella direzione della costruzione di contesti sempre più competenti.

L’articolo si propone di analizzare i rapporti che intercorrono tra la riflessione deontologica, elaborata nell’ambito del problematicismo pedagogico di Bertin e dei suoi allievi, e i principi dell’inclusione scolastica, frutto, in Italia, di un lungo cammino di sperimentazione ad oggi tutt’altro che concluso.

La prima parte sarà dedicata ad una rivisitazione degli elementi essenziali della deontologia pedagogica, per mostrare come in essi siano già presenti, sullo sfondo, le linee operative per una inclusione scolastica di qualità. La seconda parte sarà invece dedicata all’analisi di alcune fondamentali competenze chiave, patrimonio comune tanto dei docenti curricolari quanto di quelli specializzati, richieste al docente che opera, nel segno della deontologia, in realtà sempre più complesse, eterogenee, plurali.

I principi della deontologia pedagogica nella prospettiva del problematicismo pedagogico

La deontologia pedagogica non ha soluzioni. Nulla è più lontano dall’approccio filosofico del problematicismo bertiniano di voler fornire non solo la “ricetta” per risolvere una situazione (oggi sempre più) complessa, ma anche la possibilità di un’interpretazione univoca di essa. Così deve essere interpretata anche la prospettiva deontologica che da questo filone prende le mosse: un impegno riflessivo costante che il docente deve condurre sul proprio lavoro e sulle motivazioni che lo sorreggono, diventando sempre di più un “professionista riflessivo”. Una riflessione che attinge dalla pratica e che in essa ritorna per arricchirla e renderla viva, consapevole di sé. Interpretata in questo modo, la deontologia, afferma Bertin, assume i connotati di un pensiero “inattuale”: essa non corrisponde infatti ai canoni del “pensiero sbrigativo” imposti dal paradigma attuale, non soddisfa le esigenze della semplificazione, non offre garanzie di successo: anche per questo, sosteneva Bertin, essa va perseguita, come impegno nei confronti di tutto ciò che è attuale al fine di integrarlo e arricchirlo.

La domanda cui la deontologia risponde non è dunque semplicemente “Cosa fare?” (la ricetta) ma si connota come domanda di senso, che diventa definizione di un orizzonte regolativo formale entro cui iscrivere le diverse prassi educative quotidiane: “A che cosa (fondamentalmente e dal punto di vista etico) deve essere tenuto chi educa?”. Nel rispondere a questa domanda facciamo esplicito riferimento alla proposta Contini che, facendo propria l’impostazione del problematicismo, ha sistematizzato in tre principi fondamentali la deontologia pedagogica delle professioni educative e, tra queste, dell’insegnante.

 

 

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Soft skills

Soft skills, cosa sono e come inserirle nella tua programmazione didattica……

Precisione, resistenza allo stress, problem solving. Sono solo alcune delle famose soft skills tanto ricercate oggi in ambito lavorativo. Si tratta di competenze trasversali che è necessario avere per affrontare con successo il mondo del lavoro e che, proprio per questo motivo, fanno tanto parlare gli insegnanti impegnati a preparare gli studenti al loro primo e vero sguardo sul lavoro.

Le soft skills di efficacia personale sviluppano doti come la creatività e l’equilibrio, fattori fondamentali in ambito lavorativo e necessarie per la risoluzione di problemi anche in caso di mansioni statiche.

Le competenze in ambito relazionale accrescono la capacità di lavorare in gruppo e di cooperare per il raggiungimento degli obiettivi. Tra queste, l’etica e la tolleranza permettono di gestire lo stress causato da relazioni disfunzionali e di adottare comportamenti adeguati a norme e valori condivisi.
Un altro aspetto determinante è la capacità di prendere decisioni e di negoziare, che migliora grazie allo sviluppo di flessibilità, ascolto empatico e distacco razionale.

Le competenze orientate alla realizzazione di sé, invece, riguardano soprattutto la capacità di valutazione, da cui deriva la selezione, la corretta gestione e la valorizzazione delle informazioni. Secondo AlmaLaurea le soft skills sono 14, nello specifico:

1. Autonomia

Capacità di svolgere i compiti assegnati senza il bisogno di una costante supervisione facendo ricorso alle proprie risorse.

2. Fiducia in sé stessi

È la consapevolezza del proprio valore, delle proprie capacità e delle proprie idee al di là delle opinioni degli altri.

3. Flessibilità/Adattabilità

Sapersi adattare a contesti lavorativi mutevoli, essere aperti alle novità e disponibili a collaborare con persone con punti di vista anche diversi dal proprio.

4. Resistenza allo stress

Capacità di reagire positivamente alla pressione lavorativa mantenendo il controllo, rimanendo focalizzati sulle priorità e di non trasferire su altri le proprie eventuali tensioni.

5. Capacità di pianificare ed organizzare

Capacità di realizzare idee, identificando obiettivi e priorità e, tenendo conto del tempo a disposizione, pianificarne il processo, organizzandone le risorse.

6. Precisione/Attenzione ai dettagli

È l’attitudine ad essere accurati, diligenti ed attenti a ciò che si fa, curandone i particolari ed i dettagli verso il risultato finale.

7.

È la capacità di riconoscere le proprie lacune ed aree di miglioramento, attivandosi per acquisire e migliorare sempre più le proprie conoscenze e competenze.

8. Conseguire obiettivi

È l’impegno, la capacità, la determinazione che si mette nel conseguire gli obiettivi assegnati e, se possibile, superarli.

9. Gestire le informazioni

Abilità nell’acquisire, organizzare e riformulare efficacemente dati e conoscenze provenienti da fonti diverse, verso un obiettivo definito.

10. Essere intraprendente/Spirito d’iniziativa

Capacità di sviluppare idee e saperle organizzare in progetti per i quali si persegue la realizzazione, correndo anche rischi per riuscirci.

11. Capacità comunicativa

Capacità di trasmettere e condividere in modo chiaro e sintetico idee ed informazioni con tutti i propri interlocutori, di ascoltarli e di confrontarsi con loro efficacemente.

12. Problem Solving

È un approccio al lavoro che, identificandone le priorità e le criticità, permette di individuare le possibili migliori soluzioni ai problemi.

13. Team work

Disponibilità a lavorare e collaborare con gli altri, avendo il desiderio di costruire relazioni positive tese al raggiungimento del compito assegnato.

14. Leadership

L’innata capacità di condurre, motivare e trascinare gli altri verso mete e obiettivi ambiziosi, creando consenso e fiducia.

Diciamolo però francamente: la nostra scuola, con programmi didattici molto ricchi, verifiche continue e interrogazioni frequenti, presenta una una struttura piuttosto rigida e non sviluppa particolarmente le competenze trasversali nei ragazzi, che invece sono fondamentali per affrontare con successo il mondo del lavoro e non solo.

Ecco che in questo senso viene in aiuto TuttoAlternanza.it, il portale nato dalla partnership tra Tuttoscuola e Civicamente e che ha l’obiettivo di accompagnare gli studenti verso il successo formativo, attraverso approfondimenti su tematiche di grande attualità. Cosa sono le soft skills? Come promuoverle nei contesti scolastici e di vita quotidiana? Perché sono tanto importanti nella realtà lavorativa contemporanea? TuttoAlternanza.it permette di rispondere a queste domande grazie a docenti e ricercatori dell’università telematica IUL (Italian University Line) promossa da Indire e Università degli studi di Firenze.

Come inserire le soft skills nella programmazione didattica?

Sappiamo bene che a scuola il tempo non è mai abbastanza, ma la soluzione è semplice: promuovere le soft skills all’interno del monte orario dell’Alternanza Scuola Lavoro. Per farlo con facilità, TuttoAlternanza.it propone fra le sue soluzioni PRONTI AL LAVORO!, ambienti digitali di apprendimento grazie ai quali gli studenti non rischieranno più di arrivare presso la struttura ospitante impreparati, ma formati a un corretto inserimento sul lavoro.

Uno dei percorsi di PRONTI AL LAVORO! riguarda proprio le soft skills. Il corso delinea una panoramica di queste competenze, fornendo alcuni strumenti per identificarle e migliorarle. Le lezioni sono curate da IUL che verifica e valuta il lavoro dei ragazzi. Di seguito l’offerta formativa proposta:

Unità didattica 1: Skills di efficacia personale
Video lezione
– Materiali di supporto

Unità didattica 2: Skills relazionali e di servizio
– Video lezione
– Materiali di supporto

Unità didattica 3: Skills relative a impatto e influenza
– Video lezione
– Materiali di supporto

Unità didattica 4: Skills orientate alla realizzazione
– Video lezione
– Materiali di supporto

Unità didattica 5: Skills cognitive
– Video lezione
– Materiali di supporto

Attività e test finale.

Quali sono i carichi di lavoro per il docente?

Leggerissimi: può avvalersi pienamente della piattaforma nella quale sono già infierite le lezioni e le attività proposte agli studenti. Con un lavoro minimo del docente, agli alunni verrà assicurato un percorso di qualità e certificato dall’Università

Quali soft skills vengono approfondite nel percorso di PRONTI AL LAVORO! ?

Come abbiamo visto precedentemente, in ambito internazionale sono moltissime le soft skills individuate da docenti ed esperti in materia. La lista, in continua evoluzione, presenta competenze trasversali ritenute indispensabili per entrare nel mondo del lavoro. La proposta di TuttoAlternanza.it presenta e approfondisce le seguenti soft skills:

  • Skills di efficacia personale – relative alla capacità degli alunni di autoefficacia ed auto efficienza.
  • Skills relazionali e di servizio– relative alla capacità degli alunni di entrare in empatia reciproca e sviluppare relazioni significative
  • Skills relative a impatto e influenza- che rimandano alla dimensione organizzativa e lo sviluppo di leadership
  • Skills orientate alla realizzazione– relative alla capacità degli alunni di iniziare e portare a termine un lavoro, anche complesso
  • Skills cognitive– relative allo sviluppo di capacità cognitive complesse da parte degli alunni

Ognuna delle competenze è presentata attraverso delle video lezioni, dei materiali di apprendimento e il modulo presente delle attività conclusive per promuovere maggiormente il protagonismo degli alunni.

 

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